venerdì 10 dicembre 2010

DI NUOVO E ANCORA

Lama affilata che sfiora la carne. Paura e desiderio si intrecciano, si alimentano, formano sfavillanti filigrane, arabeschi arditi che le mani sfiorano e accarezzano in una notte fredda e diafana. Oscilla un pendolo tra sguardi ambivalenti, carichi di circospezione e delicata armonia. Giro in tondo, e con un tonfo ripiombo lì, nella matassa aggrovigliata di emozioni lontane. La mente tesse una tela di ragno e io vi rimango impigliata come mosca improvvida.
Ma è diverso. Forse. O forse no. Forse gli errori passati sono solo innocui fantasmi erranti, o forse un filo invisibile ci fa inciampare davvero sempre nello stesso luogo, e rimaniamo incagliati infinite volte tra le medesime sabbie mobili.
Canti di profumi inebrianti, nuovi occhi che parlano altre lingue. Altra storia, altri sensi, altra vita.
Si riparte, dopo anni sfilacciati e rarefatti. Ma per dove? Non importa. Si riparte. Fosse anche per un giorno, fosse anche per un altro inferno. Meglio un viaggio impervio che la vacuità stremante della stasi.
Tremore di pelle, pallore di labbra, e il fuoco brucia, crepita, illumina la notte.
Bastava cambiare prospettiva, bastava rompere un guscio stolido, eppure così sottile da essere spezzato da un solo respiro. Un respiro. Aria che irrora le membra, dissangua il dolore.
Bastava guardare oltre, per vedere altre anime, e ritrovare se stessi, come in uno specchio, accarezzando ammalianti riflessi di ciò che eravamo, saremo e potremmo essere.

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