lunedì 28 luglio 2008

Inganno di estasi e carne

Che cos'è questa sublime estasi che si raggiunge solo in due?
Era inganno. Lo è anche adesso. Lo sarà sempre.
Uno scherno crudele di un dio beffardo, il quale ci rammenta che la completezza è una condizione assopita e ancestrale a cui perennemente aneliamo, ma che abbiamo il privilegio di poter sfiorare solo raramente, quando ci illudiamo di fonderci con un'altra persona. E allora per un breve momento possiamo varcare la soglia della nostra disperata e insanabile solitudine, per immergerci nella perfezione pura, per annegare in una dimensione olistica, meravigliosa e scintillante cosparsa di interezza e beatitudine. Le carni danzano forsennatamente e si intrecciano in amplessi infiniti dove non esiste tempo, nè spazio, nè distorsioni e paure.
Ma poi l'incanto si spezza, il sortilegio si dissolve.
E ci troviamo dinnanzi a un essere diverso, altro da noi, che solo per un fugace attimo abbiamo potuto lambire, penetrare e accarezzare intimamente.
Siamo scesi tra gli abissi dove ribolle la vita, e abbiamo toccato la radice primordiale e segreta della nostra e dell'altrui anima.
Ma poi?
Poi c'è solo il gusto del fiele, il dolore della separazione, incontrovertibile e scellerata condanna.
Terribile tortura, simile a quella dello sciagurato Tantalo: viviamo inebriati dal profumo dell'abbondanza, del piacere e della perfezione, ma appena allunghiamo una mano per carpire tutto questo, ogni cosa svanisce, come sogni che si dissolvano tra gli sbadigli dell'alba. E un macigno incombe minaccioso su di noi.
Inutile ogni misero tentativo di possedere e stringere ciò che per natura è sdrucciolevole e fuggevole.
Quel teatro grottesco e assurdo dove si consuma ciò che noi chiamiamo amore, altro non è che una ridicola e patetica farsa fatta di illusioni, promesse mancate, labili coincidenze, desideri irrealizzabili, fughe, inseguimenti, rancori, inganni, meschinità, fraintendimenti, speranze, sofferenze.
Ma tutto questo imponente e mastodontico trambusto, questi tumultuosi e contraddittori vortici di emozioni e azioni, portano sempre e solo ad un unico tragico epilogo: la vita a due è un'illusione impossibile. Esistono solo dolorose e laceranti collisioni tra un essere e un altro; esiste solo questa disperata, incessante e vana ricerca di un'interlocuzione simbiotica, per tentare di emendare la propria enorme imperfezione e riempire il proprio vuoto ontologico.
Ma - apoteosi della beffa - ciò che ne sortisce è, tutt'al più, lo scontro di due solitudini.

"Amore è un demone possente che sta tra i mortali e gli immortali"

Platone, "Convito"

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